Referendum 1 scheda rossa
Il quesito - «Volete voi che sia abrogato il decreto
legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia
di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti
a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma
dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?»
Oggetto - abrogazione del Testo
unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire
cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per
delitti non colposi;
Le ragioni del SI – la normativa che si
vuole abrogare, comunemente conosciuta come decreto Severino, dal nome al
ministro della Giustizia del governo Monti che la propose, stabilisce la
incandidabilità e ineleggibilità alle elezioni politiche e amministrative
ovvero il divieto di ricoprire incarichi di governo per chi è condannato in via
definitiva per determinati reati, anche se commessi prima dell’entrata in
vigore del decreto stesso. Le norme restrittive sono dettate anche in tema di
incandidabilità alle cariche elettive regionali o negli enti locali; nel caso
di condanna non definitiva vi è la sospensione in via automatica per un periodo
massimo di 18 mesi; l’abrogazione eliminerebbe l’intero decreto e soprattutto
sarebbe cancellato l’automatismo della sospensione in caso di condanna
definitiva. Sarebbero i giudici a decidere caso per caso l’irrogazione della
pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; i sostenitori del SI pongono
l’accento sulle difficoltà create dall’automatismo della norma e soprattutto
alle circostanze di sospensione temporanea dai pubblici uffici di persone poi
risultate innocenti.
Le ragioni del NO – il quesito riguarda
l’intera abrogazione del cosiddetto decreto Severino che per i sostenitori del NO
è una normativa che ha rappresentato uno dei più ampi interventi normativi di
contrasto alla corruzione degli ultimi anni. L’abrogazione porterebbe a un
arretramento della tutela giurisdizionale su questo fronte.
La mia posizione – il referendum
interviene in maniera chirurgica e netta senza tener conto di possibili
sfumature e di modifiche migliorativa della normativa; peraltro l’integrale
abrogazione sarebbe un sostanziale impoverimento dell’ordinamento in tema di
strumenti di contrasto alla corruzione, pur con le deficienze e le criticità
evidenziate, emendabili con interventi legislativi mirati; il mio voto è NO.
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Referendum 2 scheda arancione
Il quesito - «Volete voi che sia abrogato il decreto del
Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice
di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni
successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1,
lettera c), limitatamente alle parole: "o della stessa specie di quello
per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della
stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare
sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena
della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di
custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della
reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento
illecito dei partiti di cui all'art.7 della legge 2 maggio 1974, n.195 e
successive modificazioni."?»
Oggetto - limitazione delle misure cautelari:
abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lettera c), codice di
procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze
cautelari, nel processo penale
Le ragioni del SI – qualora vincesse il sì,
risulterebbe abrogata l’ultima parte dell’articolo 274 del codice di procedura
penale e cioè la possibilità per i reati meno gravi di motivare una misura
cautelare con il pericolo di reiterazione del reato; tale motivazione è quella,
secondo i promotori del referendum, più frequentemente utilizzata per adottare
misure di restrizione della libertà personale; la eliminazione dell’inciso
consiglio consentirebbe un maggior rispetto della libertà personale.
Le ragioni del NO – i critici contestano
che questa ipotesi di restrizione delle libertà personali sia stata abusata e
sottolineano come l’articolo 274 del codice di procedura penale già prevede dei
limiti all’applicazione delle misure restrittive; va inoltre considerato che
l’abrogazione non interverrebbe soltanto sulla custodia in carcere e sugli
arresti domiciliari ma anche su tutte le altre forme di misure cautelari come
un obbligo il divieto di soggiorno, allontanamento dalla casa familiare, il
divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa, il
divieto temporaneo di esercitare una professione un’impresa, la sospensione
della potestà genitoriale.
La mia posizione – anche in questo caso il
referendum non può che operare un taglio netto, senza consentire il dovuto
crivello di una realtà complessa ed articolata; il lamentato abuso della misura
attiene ad un aspetto patologico dell’uso della stessa, che non è
consigliabile, data l’estensione delle misure inibite da un eventuale successo
del SI, tentare di risolvere con uno strumento esorbitante rispetto al fine
dichiarato; il mio voto è NO.
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Referendum 3 scheda gialla
Il quesito - «Volete voi che siano abrogati:
l'"Ordinamento giudiziario" approvato con regio decreto 30 gennaio
1941, n.12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso
successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.192, comma 6,
limitatamente alle parole: ", salvo che per tale passaggio esista il
parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura"; la legge 4
gennaio 1963, n.1 (Disposizioni per l'aumento degli organici della Magistratura
e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni
ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.18,
comma 3: "La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato
scrutinato, se e' idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni
giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle
altre"; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante «Istituzione
della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di
tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e
formazione dei magistrati, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera b), della
legge 25 luglio 2005, n.150», nel testo risultante dalle modificazioni e
integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente
parte: art.23, comma 1, limitatamente alle parole: "nonche' per il
passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa"; il
decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante "Nuova disciplina
dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di
funzioni dei magistrati, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera a), della legge
25 luglio 2005, n.150", nel testo risultante dalle modificazioni e
integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall'art.2,
comma 4 della legge 30 luglio 2007, n.111 e dall'art.3-bis, comma 4, lettera b)
del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in
legge 22 febbraio 2010, n.24, limitatamente alle seguenti parti: art.11, comma
2, limitatamente alle parole: "riferita a periodi in cui il magistrato ha
svolto funzioni giudicanti o requirenti"; art.13, riguardo alla rubrica
del medesimo, limitatamente alle parole: "e passaggio dalle funzioni
giudicanti a quelle requirenti e viceversa"; art.13, comma 1, limitatamente
alle parole: "il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle
requirenti,"; art.13, comma 3: "3. Il passaggio da funzioni
giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non e' consentito all'interno
dello stesso distretto, ne' all'interno di altri distretti della stessa
regione, ne' con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello
determinato ai sensi dell'art.11 del codice di procedura penale in relazione al
distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di
funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto
dall'interessato, per non più di quattro volte nell'arco dell'intera carriera,
dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione
esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa
partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente
ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso
dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio
giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve
acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del
procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato
eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello
o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti
dal capo dell'ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente
del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di
fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il
passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di
legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si
applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della
Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d'appello e
al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo
presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la
medesima."; art.13, comma 4: "4. Ferme restando tutte le procedure
previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a
funzioni requirenti, e viceversa, all'interno dello stesso distretto,
all'interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al
capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11
del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il
magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni, non si applica
nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti
abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del
lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni
requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario
diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti
esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può
essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile
o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo
caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a
funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o
mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può
realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia
rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado puo'
avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La
destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che
abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella
vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo
provvedimento di trasferimento."; art.13, comma 5: "5. Per il
passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa,
l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche
desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche."; art.13, comma
6: "6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento
delle funzioni di legittimità di cui all'art.10, commi 15 e 16, nonché,
limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le
funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art.10, che
comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa."; il
decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge
22 febbraio 2010, n.24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del
sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni
ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.3,
comma 1, limitatamente alle parole: "Il trasferimento d'ufficio dei
magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche
in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti
e viceversa, previsto dall'art.13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5
aprile 2006, n.160."?»
Oggetto - separazione delle
funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento
giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle
requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati
La
normativa è stata modificata dalla c.d. riforma Cartabia, ancora all’esame del
Parlamento.
Le ragioni del SI – questo referendum,
probabilmente il più politico, con un quesito lunghissimo perché coinvolge una
serie notevole di norme, ha l’obiettivo di pervenire a una netta separazione
tra la magistratura requirente (i cosiddetti pubblici ministeri) e la
magistratura giudicante, senza alcuna possibilità di passare dall’una all’altra
funzione, una volta fatta la scelta al momento di ammissione in magistratura;
ritengono i promotori di conseguire una maggiore equità delle pronunce ed una
maggiore autonomia della magistratura giudicante rispetto alla requirente.
Le ragioni del NO – i sostenitori del no ritengono
che il mezzo non sia conferente al fine; la separazione avrebbe come
conseguenza un isolamento del pubblico ministero, rendendolo un soggetto
totalmente estraneo alla funzione giudicante, con esclusivo profilo accusatorio.
La mia posizione – lasciando in disparte
i possibili profili di costituzionalità, atteso che nella nostra carta fondamentale
il Titolo IV è dedicato alla magistratura nel suo complesso, dettando norme e
regole che si riferiscono sia ai giudici che pubblici ministeri, sono
nettamente contrario alla separazione delle carriere dei magistrati; ritengo
che la gran parte dei problemi della magistratura italiana derivi da una scarsa
cultura della giurisdizione condivisa tra tutti i soggetti attori
dell’esercizio della funzione (magistrati, avvocati, cancellieri e notai);
tanto determina una insufficiente consapevolezza di compartecipare tutti
insieme all’esercizio di quella che è una fondamentale funzione costituzionale
ed il terzo potere costitutivo di ogni democrazia occidentale, dopo il
legislativo e l’esecutivo; i rimedi dovrebbero andare in senso contrario
favorendo, sin dalla fase di preparazione e selezione alla professione un
interscambio tra magistrati e avvocati ed altri soggetti della
giurisdizione; a maggior ragione nel
corso della carriera in magistratura dovrebbe essere lasciata la possibilità di
transitare dalla funzione giudicante alla requirente, comportando questo un
arricchimento dei punti di vista di esercizio della giurisdizione; i vizi
registrati oggi, soprattutto in relazione ad un’eccessiva esposizione (anche –
aggiungerei – patologica mente mediatica) della funzione requirente, potrebbero
utilmente essere smussati con altri accorgimenti legislativi, quali ad esempio,
consentire l’esercizio di tale funzione soltanto dopo un congruo numero di anni
di esercizio della funzione giudicante, tanto al fine di acquisire una cultura
complessiva di valutazione oggettiva delle prove, senza limitarsi al ristretto
punto di vista dell’accusa; pertanto il mio voto è decisamente NO.
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Referendum 4 scheda grigia
Il quesito - «Volete voi che sia abrogato il decreto
legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo
della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma
dell'art.1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante
dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente
alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole
"esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di
cui all'art.7, comma 1, lettera a)"; art.16, comma 1, limitatamente alle
parole: "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle
competenze di cui all'art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)"?».
Oggetto - partecipazione dei
membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di
cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di
composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli
giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte
La normativa è stata
oggetto della c.d. riforma Cartabia, ancora all’esame del Parlamento.
Le
ragioni del SI – Il Consiglio superiore
della magistratura sottopone a valutazione ogni quattro anni tutti i magistrati,
a seguito di pareri motivati e non vincolanti del Consiglio direttivo della
Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari; questi due ultimi organi hanno
composizione mista, con la partecipazione di magistrati e di avvocati e docenti
universitari; avvocati e docenti universitari sono oggi esclusi dal
procedimento di valutazione dei magistrati; il referendum mira a consentire la
partecipazione di queste componenti anche al procedimento di valutazione dei
magistrati; i promotori del referendum ritengono che in tal modo il
procedimento di valutazione soggettivamente ampliato sarebbe più oggettivo e
renderebbe meno autoreferenziali i giudizi sull’operato dei magistrati
Le ragioni del NO – i
contrari al referendum ritengono che non sia opportuno affidare anche gli
avvocati il diritto di valutare l’operato dei magistrati; il rischio potrebbe
essere quello di valutazioni pregiudiziali e di casi di inopportunità o
incompatibilità laddove un avvocato sarebbe a chiamare chiamato ad esprimere un
giudizio rilevante sul lavoro e sulla carriera del magistrato, con un possibile
riflesso sulla terzietà del giudice.
La mia posizione – ritengo che le obiezioni dei sostenitori del no attengono
al momento patologico della valutazione, ossia a casi particolari e marginarli,
(si pensi, ad esempio, all’avvocato chiamato a dare un giudizio su un
magistrato, che poi deciderà una causa di particolare rilevanza ovvero al
giudice che trovandosi di fronte un difensore facente parte del Consiglio
giudiziario potrebbe essere condizionato dal futuro giudizio di questi); questi
casi possono essere risolti con accorgimenti normativi specifici che prevengano
tali situazioni critiche; ad esempio potrebbe prevedersi che l’avvocato che
abbia cause di particolare rilevanza con un giudice debba astenersi dal
valutare il suo operato ovvero garantire un certa qual terzietà dei componenti
del Consiglio chiamati alla valutazione. D’altro canto, una valutazione dell’operato
dei magistrati allargata anche agli altri operatori della giustizia non
potrebbe che favorire un miglioramento della qualità del lavoro degli stessi.
Nella già sottolineata prospetti dei condivisione della
cultura della giurisdizione, non dovrebbe essere un tabù la partecipazione dei
magistrati agli organi di autogoverno dell’avvocatura, creando così una patrimonio
di esperienza comune, che possa vedere le due componenti sempre più
collaboranti nei rispettivi ruoli e non semplicemente pregiudizialmente
antinomiche; pertanto voterò SI.
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Referendum 5 scheda verde
Il quesito - «Volete voi che sia abrogata la legge 24
marzo 1958, n.195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio
superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e
integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte:
art.25, comma 3, limitatamente alle parole "unitamente ad una lista di
magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a
cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una
candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell'art.23, né possono
candidarsi a loro volta"?»
Oggetto - abrogazione di norme in materia di elezioni
dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura
La normativa è stata oggetto della c.d. riforma
Cartabia, ancora all’esame del Parlamento.
Le ragioni del SI - Il Consiglio superiore
della magistratura è l’organo di autogoverno dello stesso composto per 2/3 da
magistrati (cosiddetti membri togati) e per 1/3 da componenti laici eletti dal
Parlamento; il magistrato che voglia candidarsi alla elezione deve raccogliere
dalle 25 a 50 firme a sostegno della propria candidatura; il referendum vuole
abrogare tale disposizione, ritenendo in tal modo di ridurre il potere delle
cosiddette ‘correnti’ nel processo elettorale.
Le ragioni del NO – i critici mettono in
dubbio che tale abrogazione possa essere utile; in disparte la considerazione che ogni
candidatura ad una qualsiasi elezione viene supportata da un numero di firme a
sostegno, per garantire un minimo di consenso attorno alla stessa, si sottolinea
come la proposta candidatura debba poi raccogliere i voti a sostegno e in
questa fase (ri)entra necessariamente in gioco un gruppo organizzato.
La mia posizione - ritengo non utile al
fine dichiarato l’abrogazione della norma; infatti il peso delle cosiddette
correnti gioca un evidente maggiore ruolo, non tanto nella proposizione della
candidatura, quanto piuttosto nel sostegno alla stessa e al conseguimento della
elezione, momento in cui occorrono un numero ben maggiore di voti, che non le
25 firme della candidatura; il mio voto è NO.