giovedì 4 febbraio 2021

La manDRAGHata di Mattarella

L’incarico conferito a Mario Draghi dal Presidente Mattarella, per tentare di formare un nuovo governo ed uscire da una crisi degna (apparentemente) del miglior teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, nel corso delle ore va assumendo sempre più i caratteri di una vera e propria mandrakata;

ritengo che il termine, di origine romanesca (https://roma.fanpage.it/mandrakata-lorigine-cinematografica-e-il-significato-della-parola-in-dialetto-romanesco/), nel suo significato di trovata ingegnosa che permette di risolvere una situazione difficile, sia quanto mai appropriato;

sussurrata da alcuni commentatori quale ipotesi ultima per la salvezza della Patria, è divenuta una vera e propria mossa del cavallo, forse anche grazie alla eterogenesi dei fini sempre presente nelle cose della politica.  

Sin dalla breve dichiarazione all’esito del fallito mandato esplorativo del Presidente della Camera Fico, il Presidente Mattarella, sottolineando l’urgenza di dare pronta risposta alla triplice crisi sanitaria, economica e sociale, aveva richiamato tutte le forze politiche ad una ineludibile, ma purtroppo dimenticata, responsabilità verso la Nazione e i cittadini tutti;

la designazione di Draghi, rapida e perentoria, verosimilmente già progettata e preparata nelle ore della disperata (e disperante) pantomima del doppio tavolo di trattativa per la formazione del governo, è un invito tassativo alla politica a recuperare la sua dovuta funzione di guida progettuale del Paese.

Già dalle prime indiscrezioni sui possibili nomi dei ministri, al netto della loro effettiva nomina, si dispiega con forza la novità della fase che si sta aprendo, caratterizzata da un profondo spirito di civil servant, purtroppo da tempo negletto sulle scene istituzionali italiane; atteggiamento culturale che concretizza lo scopo ultimo della Politica, quella che costruisce il futuro di un paese e non si attarda nelle sterili paludi dell’autoconservazione personale; e già questo segna un abissale distacco con le reali e venali motivazioni della crisi del Conte bis.

Questa frattura (voluta ?) sta costringendo tutte le forze politiche ad un profondo ripensamento del proprio agire;

per primo il PD, che potrebbe ora avere il coraggio di osare di dire ‘una cosa di sinistra’.

Il M5S è difronte alla prova della sua maturità come forza politica, avendo l’alternativa di crescere e iniziare a fare una politica concreta e pronta a misurarsi con le asprezze della realtà (si veda l’endorserment per Draghi fatto dalla Raggi e gli appelli alla maturaità di Di Maio), ovvero di rinchiudersi in una arida posizione di movimento contestatore a prescindere dai contenuti (esternazioni libere e retrò di Di Battista); la netta alternativa delle due posizioni potranno essere preludio di abbandoni o di una vera e propria scissione, se non subito, nel prosieguo dell’esperienza governativa.

La stessa Lega è difronte alla tentazione di abbandonare o ridimensionare quella politica urlata e demagogica, fatta di amplificazione dei problemi (veri o presunti) per ottenere un consenso di pancia da parte dell’elettorato (consenso, per vero, notevolmente ridimensionato dopo l’allontanamento di Salvini da postazioni ministeriali e l’avvento della pandemia), per imboccare una strada di maggiore responsabilità istituzionale, più rispondente agli interessi di quella parte del ceto produttivo che la sostiene; significative sono le dichiarazione rese alla stampa da Salvini, sotto l’attento tutoraggio di Giorgetti, presenza silenziosa ma pesante.

La annunciata presenza di Berlusconi, quale capo delegazione di Forza Italia nell'incontro con Draghi, dopo mesi di collegamenti in remoto, è altro indice del mutamento del quadro politico e di un recupero di iniziativa politica dell'intramontabile Silvio, dopo un tempo vissuto all'ombra dello straripante Salvini.

Il senso del nuovo corso è ben sintetizzato dall’On.le Bruno Tabacci, all’uscita dall’incontro con il Presidente incaricato Draghi, quando tratteggia la differenza tra il politico ‘portavoce’, che si limita a essere meccanico megafono dei desiderata della folla, aggiungendo così la confusione propria a quella del popolo, ed il politico responsabile, che diviene guida ed indirizzo per i propri rappresentati; la supremazia della politica in pillole di facile comprensione.

La reazione dei mercati, soltanto al prologo dell’impegno di Draghi, è chiarissima, nel rialzo degli indici di borsa e nella rapida discesa dello spread al disotto di cento punti, a livelli mai raggiunti da cinque anni a questa parte.

Sullo sfondo resta il compito, non dichiarato ma sotteso, affidato a Draghi; una vera e propria mission impossible: riportare a razionalità e ragionevolezza il sistema politico ed istituzionale italiano, che negli ultimi tempi è sembrato sempre vicino ad una maionese impazzita.

De Gaulle direbbe: Vaste programme, mon ami !