venerdì 7 ottobre 2022

Quando c'era Berlinguer

Ho rivisto negli scorsi giorni il bel film di Walter Veltroni “Quando c’era Berlinguer”.

Le scene finali, che riprendono i funerali di Enrico Berlinguer, sono estremamente coinvolgenti, con la lunga carrellata di volti di donne e uomini genuinamente commossi e profondamente partecipi dell’improvvisa perdita, quasi fosse un familiare stretto e particolarmente amato.

La commozione irrefrenabile e di pianti spontanei dei quasi due milioni di partecipanti mi hanno evocato la domanda se alcuno dei leader politici odierni, nel caso di sua dipartita, potesse mai suscitare una partecipazione così vasta in numerosa e sentimenti così coinvolgenti.

Ho immediatamente escluso la possibilità che nell’ipotetico funerale vi potesse essere una partecipazione così numerosa, per motivi facilmente intuibili.

Sul coinvolgimento emozionale, ho trovato, invece, nei titoli di coda del film, la risposta alla mia domanda, in una frase di Natalia Ginzburg, che mi sembra didascalia perfetta alla partecipazione così emotivamente coinvolgente e senza precedenti ai funerali di Enrico Berlinguer “Nel momento in cui Berlinguer moriva ci siamo accorti che ognuno di noi viveva con lui un rapporto personale, fiducioso e confidenziale, anche se c’eravamo limitati ad ascoltarlo nella folla d’una piazza”.

L’epitaffio della Ginzburg è la chiave per comprendere a fondo la disaffezione verso la politica e il rifugio nell’astensione di una sempre più larga fetta dell’elettorato odierno.

Oggi nessuno dei leader presenti può suscitare quel sentimento di rapporto personale fiducioso e confidenziale che la Ginzburg annotava nei confronti di Berlinguer.

La figura di Enrico Berlinguer era quello di un leader, non individualistico ed egoisticamente rampante come quelli che oggi offre la scena della politica, ma direi quasi di una affidabile figura paterna, saggio e misurato nel suo modo di ragionare e di fare politica.

Un leader rappresentante ed espressione di un gruppo organizzato e non un singolo capo popolo con dei seguaci senza alcuno spessore di ragionamento critico, più tifosi del capo che partecipi ad un progetto politico collettivo.

Un leader che sapeva incarnare un progetto politico frutto di un percorso ragionato e collettivo e soprattutto denso di speranza per il futuro, una strada concreta di miglioramento delle condizioni attuali dei lavoratori e dei soggetti più deboli e meno garantiti, coniugandola con la tutela dei diritti e con le responsabilità che fanno carico agli appartenenti delle classi più agiate e soprattutto con la responsabilità di guida e di percorso pedagogico che deve necessariamente competere a una classe politica dirigenziale che non voglia ridursi al triste ruolo di mosca cocchiera delle mode e dei sentimenti populistici del momento.

Ritengo che Enrico Berlinguer, unitamente ad altri Padri fondatori della Repubblica italiana, sia la figura che ci può indicare la necessaria strada di rinnovamento dei progetti politici e soprattutto delle élite dirigenziali, spogliate da un vago e deleterio sentimento di asservimento alle ondivaghe mode populiste.

 

 

 

martedì 7 giugno 2022

Il pentacolo referendario del 12/06/2022

 

    Referendum 1 scheda rossa

Il quesito - «Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?»

Oggetto - abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

Le ragioni del SI – la normativa che si vuole abrogare, comunemente conosciuta come decreto Severino, dal nome al ministro della Giustizia del governo Monti che la propose, stabilisce la incandidabilità e ineleggibilità alle elezioni politiche e amministrative ovvero il divieto di ricoprire incarichi di governo per chi è condannato in via definitiva per determinati reati, anche se commessi prima dell’entrata in vigore del decreto stesso. Le norme restrittive sono dettate anche in tema di incandidabilità alle cariche elettive regionali o negli enti locali; nel caso di condanna non definitiva vi è la sospensione in via automatica per un periodo massimo di 18 mesi; l’abrogazione eliminerebbe l’intero decreto e soprattutto sarebbe cancellato l’automatismo della sospensione in caso di condanna definitiva. Sarebbero i giudici a decidere caso per caso l’irrogazione della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; i sostenitori del SI pongono l’accento sulle difficoltà create dall’automatismo della norma e soprattutto alle circostanze di sospensione temporanea dai pubblici uffici di persone poi risultate innocenti.

Le ragioni del NO – il quesito riguarda l’intera abrogazione del cosiddetto decreto Severino che per i sostenitori del NO è una normativa che ha rappresentato uno dei più ampi interventi normativi di contrasto alla corruzione degli ultimi anni. L’abrogazione porterebbe a un arretramento della tutela giurisdizionale su questo fronte.

La mia posizione – il referendum interviene in maniera chirurgica e netta senza tener conto di possibili sfumature e di modifiche migliorativa della normativa; peraltro l’integrale abrogazione sarebbe un sostanziale impoverimento dell’ordinamento in tema di strumenti di contrasto alla corruzione, pur con le deficienze e le criticità evidenziate, emendabili con interventi legislativi mirati; il mio voto è NO.

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    Referendum 2 scheda arancione

Il quesito - «Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: "o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'art.7 della legge 2 maggio 1974, n.195 e successive modificazioni."?»

Oggetto - limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell'ultimo inciso dell'art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale

Le ragioni del SI – qualora vincesse il sì, risulterebbe abrogata l’ultima parte dell’articolo 274 del codice di procedura penale e cioè la possibilità per i reati meno gravi di motivare una misura cautelare con il pericolo di reiterazione del reato; tale motivazione è quella, secondo i promotori del referendum, più frequentemente utilizzata per adottare misure di restrizione della libertà personale; la eliminazione dell’inciso consiglio consentirebbe un maggior rispetto della libertà personale.

Le ragioni del NO – i critici contestano che questa ipotesi di restrizione delle libertà personali sia stata abusata e sottolineano come l’articolo 274 del codice di procedura penale già prevede dei limiti all’applicazione delle misure restrittive; va inoltre considerato che l’abrogazione non interverrebbe soltanto sulla custodia in carcere e sugli arresti domiciliari ma anche su tutte le altre forme di misure cautelari come un obbligo il divieto di soggiorno, allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa, il divieto temporaneo di esercitare una professione un’impresa, la sospensione della potestà genitoriale.

La mia posizione – anche in questo caso il referendum non può che operare un taglio netto, senza consentire il dovuto crivello di una realtà complessa ed articolata; il lamentato abuso della misura attiene ad un aspetto patologico dell’uso della stessa, che non è consigliabile, data l’estensione delle misure inibite da un eventuale successo del SI, tentare di risolvere con uno strumento esorbitante rispetto al fine dichiarato; il mio voto è NO.

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    Referendum 3 scheda gialla

Il quesito - «Volete voi che siano abrogati: l'"Ordinamento giudiziario" approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.192, comma 6, limitatamente alle parole: ", salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura"; la legge 4 gennaio 1963, n.1 (Disposizioni per l'aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.18, comma 3: "La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se e' idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre"; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n.150», nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.23, comma 1, limitatamente alle parole: "nonche' per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa"; il decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante "Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.150", nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall'art.2, comma 4 della legge 30 luglio 2007, n.111 e dall'art.3-bis, comma 4, lettera b) del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24, limitatamente alle seguenti parti: art.11, comma 2, limitatamente alle parole: "riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti"; art.13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: "e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa"; art.13, comma 1, limitatamente alle parole: "il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,"; art.13, comma 3: "3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non e' consentito all'interno dello stesso distretto, ne' all'interno di altri distretti della stessa regione, ne' con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell'art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall'interessato, per non più di quattro volte nell'arco dell'intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell'ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d'appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima."; art.13, comma 4: "4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all'interno dello stesso distretto, all'interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all'atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado puo' avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento."; art.13, comma 5: "5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche."; art.13, comma 6: "6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all'art.10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art.10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa."; il decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.3, comma 1, limitatamente alle parole: "Il trasferimento d'ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall'art.13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160."?»

Oggetto - separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati

La normativa è stata modificata dalla c.d. riforma Cartabia, ancora all’esame del Parlamento.

Le ragioni del SI – questo referendum, probabilmente il più politico, con un quesito lunghissimo perché coinvolge una serie notevole di norme, ha l’obiettivo di pervenire a una netta separazione tra la magistratura requirente (i cosiddetti pubblici ministeri) e la magistratura giudicante, senza alcuna possibilità di passare dall’una all’altra funzione, una volta fatta la scelta al momento di ammissione in magistratura; ritengono i promotori di conseguire una maggiore equità delle pronunce ed una maggiore autonomia della magistratura giudicante rispetto alla requirente.

Le ragioni del NO – i sostenitori del no ritengono che il mezzo non sia conferente al fine; la separazione avrebbe come conseguenza un isolamento del pubblico ministero, rendendolo un soggetto totalmente estraneo alla funzione giudicante, con esclusivo profilo accusatorio.

La mia posizione – lasciando in disparte i possibili profili di costituzionalità, atteso che nella nostra carta fondamentale il Titolo IV è dedicato alla magistratura nel suo complesso, dettando norme e regole che si riferiscono sia ai giudici che pubblici ministeri, sono nettamente contrario alla separazione delle carriere dei magistrati; ritengo che la gran parte dei problemi della magistratura italiana derivi da una scarsa cultura della giurisdizione condivisa tra tutti i soggetti attori dell’esercizio della funzione (magistrati, avvocati, cancellieri e notai); tanto determina una insufficiente consapevolezza di compartecipare tutti insieme all’esercizio di quella che è una fondamentale funzione costituzionale ed il terzo potere costitutivo di ogni democrazia occidentale, dopo il legislativo e l’esecutivo; i rimedi dovrebbero andare in senso contrario favorendo, sin dalla fase di preparazione e selezione alla professione un interscambio tra magistrati e avvocati ed altri soggetti della giurisdizione;  a maggior ragione nel corso della carriera in magistratura dovrebbe essere lasciata la possibilità di transitare dalla funzione giudicante alla requirente, comportando questo un arricchimento dei punti di vista di esercizio della giurisdizione; i vizi registrati oggi, soprattutto in relazione ad un’eccessiva esposizione (anche – aggiungerei – patologica mente mediatica) della funzione requirente, potrebbero utilmente essere smussati con altri accorgimenti legislativi, quali ad esempio, consentire l’esercizio di tale funzione soltanto dopo un congruo numero di anni di esercizio della funzione giudicante, tanto al fine di acquisire una cultura complessiva di valutazione oggettiva delle prove, senza limitarsi al ristretto punto di vista dell’accusa; pertanto il mio voto è decisamente NO.

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    Referendum 4 scheda grigia

Il quesito - «Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell'art.1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di cui all'art.7, comma 1, lettera a)"; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: "esclusivamente" e "relative all'esercizio delle competenze di cui all'art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)"?».

Oggetto - partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte

La normativa è stata oggetto della c.d. riforma Cartabia, ancora all’esame del Parlamento.

Le ragioni del SI – Il Consiglio superiore della magistratura sottopone a valutazione ogni quattro anni tutti i magistrati, a seguito di pareri motivati e non vincolanti del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari; questi due ultimi organi hanno composizione mista, con la partecipazione di magistrati e di avvocati e docenti universitari; avvocati e docenti universitari sono oggi esclusi dal procedimento di valutazione dei magistrati; il referendum mira a consentire la partecipazione di queste componenti anche al procedimento di valutazione dei magistrati; i promotori del referendum ritengono che in tal modo il procedimento di valutazione soggettivamente ampliato sarebbe più oggettivo e renderebbe meno autoreferenziali i giudizi sull’operato dei magistrati

Le ragioni del NO – i contrari al referendum ritengono che non sia opportuno affidare anche gli avvocati il diritto di valutare l’operato dei magistrati; il rischio potrebbe essere quello di valutazioni pregiudiziali e di casi di inopportunità o incompatibilità laddove un avvocato sarebbe a chiamare chiamato ad esprimere un giudizio rilevante sul lavoro e sulla carriera del magistrato, con un possibile riflesso sulla terzietà del giudice.

La mia posizione – ritengo che le obiezioni dei sostenitori del no attengono al momento patologico della valutazione, ossia a casi particolari e marginarli, (si pensi, ad esempio, all’avvocato chiamato a dare un giudizio su un magistrato, che poi deciderà una causa di particolare rilevanza ovvero al giudice che trovandosi di fronte un difensore facente parte del Consiglio giudiziario potrebbe essere condizionato dal futuro giudizio di questi); questi casi possono essere risolti con accorgimenti normativi specifici che prevengano tali situazioni critiche; ad esempio potrebbe prevedersi che l’avvocato che abbia cause di particolare rilevanza con un giudice debba astenersi dal valutare il suo operato ovvero garantire un certa qual terzietà dei componenti del Consiglio chiamati alla valutazione. D’altro canto, una valutazione dell’operato dei magistrati allargata anche agli altri operatori della giustizia non potrebbe che favorire un miglioramento della qualità del lavoro degli stessi.

Nella già sottolineata prospetti dei condivisione della cultura della giurisdizione, non dovrebbe essere un tabù la partecipazione dei magistrati agli organi di autogoverno dell’avvocatura, creando così una patrimonio di esperienza comune, che possa vedere le due componenti sempre più collaboranti nei rispettivi ruoli e non semplicemente pregiudizialmente antinomiche; pertanto voterò SI.

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    Referendum 5 scheda verde

Il quesito - «Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n.195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.25, comma 3, limitatamente alle parole "unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell'art.23, né possono candidarsi a loro volta"?»

Oggetto - abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura

La normativa è stata oggetto della c.d. riforma Cartabia, ancora all’esame del Parlamento.

Le ragioni del SI - Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno dello stesso composto per 2/3 da magistrati (cosiddetti membri togati) e per 1/3 da componenti laici eletti dal Parlamento; il magistrato che voglia candidarsi alla elezione deve raccogliere dalle 25 a 50 firme a sostegno della propria candidatura; il referendum vuole abrogare tale disposizione, ritenendo in tal modo di ridurre il potere delle cosiddette ‘correnti’ nel processo elettorale.

 Le ragioni del NO – i critici mettono in dubbio che tale abrogazione possa essere utile;  in disparte la considerazione che ogni candidatura ad una qualsiasi elezione viene supportata da un numero di firme a sostegno, per garantire un minimo di consenso attorno alla stessa, si sottolinea come la proposta candidatura debba poi raccogliere i voti a sostegno e in questa fase (ri)entra necessariamente in gioco un gruppo organizzato.

 La mia posizione - ritengo non utile al fine dichiarato l’abrogazione della norma; infatti il peso delle cosiddette correnti gioca un evidente maggiore ruolo, non tanto nella proposizione della candidatura, quanto piuttosto nel sostegno alla stessa e al conseguimento della elezione, momento in cui occorrono un numero ben maggiore di voti, che non le 25 firme della candidatura; il mio voto è NO.