venerdì 24 giugno 2016

Primo turno, ballottaggi e PD: harambee !







È opportuno rammentare, preliminarmente ad ogni valutazione sulla tornata elettorale appena passata, il brutale omicidio dell’On.le  Helen Joanne Cox, deputata laburista, avvenuto il 16 giugno scorso, nel pieno della campagna elettorale del referendum sulla Brexit,  non perché punga vaghezza di esterofilia, ma per un convinto invito alla riflessione sul clima di violenta contrapposizione che si determina sempre più nelle competizioni politiche, al punto di trasformare la già di per sé abnorme ed inconferente violenza verbale, in vera e propria violenza fisica da scaricare su un avversario da abbattere.

L’On.le Cox appare vittima di un duplice omicidio: la prima volta sotto i colpi del folle aggressore, la seconda volta per le elucubrazioni di alcuni commentatori e sondaggisti che prevedevano (erroneamente, dopo i risultati del referendum sulla Brexit) che il delitto avrebbe lanciato in ripresa il remain sul leave, quasi che i progetti politici potessero essere costruiti o, peggio, avessero bisogno del sangue delle persone per la loro compiuta realizzazione.

La perdita di senso dei valori di umanità, che dovrebbero essere non elementi di un patrimonio di una o di un’altra parte politica, ma pre-condizioni minime del vivere sociale, è assolutamente drammatica e dirompente.

In Italia ci stiamo avvicinando ad una nuova rovente campagna elettorale sul prossimo referendum confermativo della riforma costituzionale, in cui appare quanto mai opportuno evitare toni accesi che nuocciono ad un corretto confronto e lasciano nell’ombra le ragioni concrete per cui si dovrebbe sostenere o contrastare una riforma costituzionale di questa portata.
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L’ultimo appuntamento elettorale, certamente di natura amministrativa, presenta pur tuttavia alcuni aspetti di rilievo squisitamente politico, sia per la rilevanza di alcuni centri andati al voto, Roma, Milano, Torino, Napoli per citare i più rilevanti, (1.342  comuni,  di cui 25 capoluoghi di provincia  e 7 capoluoghi  di  regione) sia per la estensione del campione elettorale coinvolto (13.316.379 elettori).

Nel primo turno, si conferma la tendenza all’aumento dell’astensionismo, con una media nazionale di partecipazione al voto del 62,14%, contro il 67,42% delle precedenti amministrative; il dato non è omogeneo sul territorio nazionale, con il Nord Italia che registra un incremento dell’astensione del 10% ed il Sud che si ferma ad una media del 5% in meno; un segnale probabilmente imputabile ai rapporti maggiormente personali tra candidato ed elettore nel meridione d’Italia.

Sindaci uscenti, usciti e new entry; essere uscente, nell’epoca di un’ampia volatilità dell’elettorato, amplificata dalla sostanziale esistenza di tre poli catalizzatori di voti, non è più garanzia di conferma; ne è prova Torino, dove la Appendino raddoppia i suo voti, drenando evidentemente una grossa fetta di elettorato di centrodestra, che ha visto il suo candidato escluso dal ballottaggio, conseguendo così una vittoria tanto netta quanto inattesa;

per converso, i sindaci ‘usciti’, ossia defenestrati da manovre di ‘palazzo’ hanno una loro rivincita popolare (Cassano Jonio e Cosenza), con conferme plebiscitarie al primo turno; ulteriore segno di scollamento tra l’elettorato e certi giochi di potere che si consumano all’interno di segrete stanze, poco compresi e non condivisi; l’essere stati vittima di tali congiure di palazzo fa anzi acquisire un’aureola di martirio prontamente riscattata dalla risposta popolare;

il risultato in generale ha disegnato uno scenario in forte movimento: su 143 comuni oltre i 15.000 abitanti, oltre un terzo (50) cambiano schieramento alla guida della città (http://www.demos.it/a01280.php).

Le elaborazioni dell’Istituto Cattaneo su 18 dei 25 capoluoghi in cui si è votato, ridimensionano le evidenze mediatiche dei casi di Roma e Torino; il centro-destra nel suo complesso perde circa 7 punti percentuali rispetto al 2011, ma recupera parzialmente nel confronto con il 2013; il centro-sinistra nel suo complesso perde circa 9 punti percentuali rispetto al 2011, ma cresce leggermente in confronto al 2013; il Movimento 5 stelle cresce rispetto al 2011, anche in virtù del fatto che nelle scorse comunali non era presente in alcuni comuni del campione, mentre perde circa 4 punti percentuali rispetto politiche del 2013". (http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Amministrative-istituto-Cattaneo-Centrosinistra-Centrodestra-Cinque-stelle-97ec85ff-3878-4a71-83a7-cffb84687cac.html).

Ad analoghi risultati perviene l’Istituto Demos (http://www.demos.it/a01280.php).

Alla aggregazione stimata dall’Istituto Cattaneo, va peraltro osservato che oggi il centrodestra appare diviso e solo a Milano diventa competitivo, perché compatto su un candidato espressione della società civile e non proveniente da uno dei partiti della coalizione, spesso schierato per tentare di affermare la leadership successiva a Berlusconi.

Nel secondo turno, il Movimento 5 Stelle diventa una macchina da ballottaggio; il M5s era presente in 118 competizioni locali su 149, in quanto in 31 casi aveva deciso di non presentarsi, e riesce a raggiungere il ballottaggio soltanto in 20 comuni, cioè nel 17% dei casi (http://www.cattaneo.org/press_release/comunali-2016/); nel ballottaggio diviene la forza politica in grado di aggregare il maggior numero di consensi, con una notevole elasticità del voto; nei 20 casi in cui era presente al ballottaggio, il Movimento 5 stelle risulta vincitore in 19, con un incremento medio dei voti del 33%; all’estremo opposto appare il centrosinistra, il quale incrementa i propri voti nel ballottaggio soltanto del 18,2%, percentuale inferiore anche al centrodestra, che registra un 21,5% (http://www.cattaneo.org/press_release/comunali-2016/).

Questa capacità espansiva del Movimento 5 Stelle, in particolare verso l’elettorato di centrodestra, ne fa il punto di coagulo di un sentimento fondamentalmente di protesta, con marcati tratti di ribellismo, che da un lato lo avvantaggia nel momento elettorale, ma dall’altro lato può essere elemento di difficoltà nel successivo momento di governo, allorquando dalle petizioni di principio si deve scendere a patti con la realtà concreta, operando scelte nette che certamente non avranno platee di condivisione così ampia.

Un tratto squisitamente politico della tornata amministrativa è un dato interno ai due schieramenti di centrodestra e di centrosinistra, ed in particolare al PD; con queste elezioni si è aperta la fase politica di successione a Berlusconi, con una competizione spesso dichiarata (vedi Roma), tra i gruppi più populisti e revanscisti (Lega e FdI) e quelli (o almeno di quel che resta dei) più moderati (Forza Italia e Partito della Libertà, movimenti civici); la partita è, stando al risultato, assolutamente aperta, con evidenti difficoltà della Lega a incrementare significativamente i suoi consensi, sia nelle singole realtà che nell’intero territorio nazionale, uscendo dal tradizionale recinto nordista; la performance dei FdI a Roma appare ascrivibile, oltre al candidato ed alla sua visibilità nazionale, ad una quota di elettorato tradizionalmente di destra, presente nella capitale;

i partiti moderati che tentano una strada parallela al PD non hanno miglior sorte, relegati a ruoli comprimari, ovvero mancando, come nel caso di ALA, di dare un apporto determinante nel risultato elettorale, con esiti del tutto opposti (Napoli e Cosenza);

nel PD, oltre alla sensibile riduzione delle amministrazioni governate, vi è anche una sottile linea di demarcazione tra candidati ‘renziani’ e non; per limitarci a quelli dei centri più grossi, a Milano Sala ha un buon risultato, a Napoli non si arriva neanche al ballottaggio, a Roma Giachetti ha difeso quel che poteva essere difeso, a Torino Fassino subisce un significativo sorpasso al secondo turno, a Bologna si vince di misura al secondo turno. 

Il processo di rinnovamento dichiarato come obiettivo principale da Renzi sembra sia rimasto a metà del guado, subendo l’effetto – negativo -  di essere forza di governo identificata come responsabile della generalizzata situazione di crisi economica e sociale (per le dimensioni delle amministrazioni perse dal centrosinistra e, globalmente, di quelle oggetto di cambio di governo, ancora http://www.cattaneo.org/press_release/comunali-2016/).

La c.d. Sinistra, in parte storica ed in parte arricchita (con poco visibili risultati) da fuoriusciti dal PD, non appare in grado di uscire dallo steccato della testimonianza.

La situazione in Calabria merita una considerazione a parte, essendo l’ultimo capitolo (ma soltanto perché più recente e non tanto perché possa supporsi che la serie negativa sia terminata) di una serie di sconfitte che ha portato il PD ad essere estromesso da governo di tutti i più grossi centri cittadini, sino a perdere Crotone e (nuovamente e malamente) Cosenza; uniche consolatorie eccezioni Cassano allo Jonio, dove Papasso ha avuto la sua rivincita contro i defenestratori, e Rossano, città nella quale è stata determinante l’apporto elettorale del gruppo Il coraggio di cambiare, fondato da Giuseppe Graziano, consigliere regionale eletto nelle file della Casa della Libertà.

La crisi del PD è evidente nel suo reiterato distacco dai consensi maggioritari dell’elettorato e bloccato nel suo interno da una segreteria regionale mai nominata e da congressi non tenuti a seguito della elezione nel consiglio regionale di tre suoi segretari provinciali.

È doveroso iniziare ad interrogarsi sulle concrete modalità del recupero del ruolo politico e propulsivo del partito, coltivando l’orgoglio di appartenenza ed individuando i metodi di effettiva partecipazione democratica degli iscritti e degli elettori; va avviata una ineludibile azione di progettualità politica, aperta alla società, sia come singoli che come associazione, rischiando in difetto di essere racchiusi in mere logiche di conservazione e/o gestione del potere.

In chiusura, ritorna alla mente un’esclamazione usata in lingua swahili, Kenya; quando l’autobus va fuori strada, i passeggeri scendono e allo scandire di “harambee” tutti spingono per rimetterlo in carreggiata. 

Sarebbe il caso di dire al Partito democratico nazionale e, ancor più, calabrese: democratiche e democratici, harambee !

Francesco Attanasio
Presidente Ass. Civica Cosenza VALORI e LAVORO
http://francescoattanasiocv.blogspot.it/