domenica 5 novembre 2017

Elezioni siciliane tra Renzi e Kerenskij




Quando si parla della rivoluzione russa, quasi tutti pensano che Lenin prese il potere dopo l’abdicazione dello zar; in realtà la storia fu completamente diversa e più complessa. Tra la rinuncia al trono dello zar Nicola II, avvenuta il 15 marzo 1917 e la presa del potere da parte dei bolscevichi, vi fu un governo provvisorio.

Aleksandr Fëdorovič Kerenskij (Александр Фёдорович Керенский, Simbirsk, 22 aprile 1881 – New York, 2 maggio 1970), politico russo, di idee socialiste, fu Primo Ministro della Russia dopo la caduta dell'ultimo zar e immediatamente prima che i bolscevichi andassero al potere.

Avvocato di professione, svolse un ruolo di primo piano nel rovesciamento del regime zarista in Russia durante la rivoluzione del febbraio del 1917. A capo del governo provvisorio fu in grado di sventare il colpo di stato reazionario di Kornilov, ma non riuscì a evitare la rivoluzione di ottobre in cui i bolscevichi presero il potere. Morì in esilio negli Stati Uniti nel 1970.

Allo scoppio della rivoluzione di febbraio, Kerensky era uno dei suoi leader più in vista; venne eletto vice-rettore del Soviet di Pietrogrado. Durante le prime fasi della rivoluzione, era estremamente popolare presso le masse, guidò le truppe insorte alla Duma per cercare di coinvolgere questa alla rivolta; ordinò l'arresto di ministri del governo zarista a nome del Parlamento e adibì alcune sale del Palazzo di Tauride come sede del nuovo Soviet di Pietrogrado.

Il 12 marzo 1917  entrò a far parte del Comitato Provvisorio della Duma come membro del Partito Socialista Rivoluzionario, giungendo ricoprire la carica di vice-rettore del Soviet di Pietrogrado. Quando il Governo provvisorio venne formato, dopo la crisi di aprile che aveva causato le dimissioni di Pavel Miljukov come ministro degli Esteri del governo borghese e la formazione del primo gabinetto di coalizione borghese-socialista, Kerenskij fu nominato ministro  della giustizia, e in maggio divenne ministro della guerra. Uno dei pochi dirigenti socialisti in grado di gestire gli affari del governo al più alto livello in quel momento, era convinto della necessità di collaborazione tra socialisti e liberali ai fini della rivoluzione. Cercò di diventare una sorta di figura super partes, mantenendo una posizione intermedia tra i partiti socialisti e la borghesia. Per questo venne spesso accusato di bonapartismo dagli avversari. Le sue azioni come ministro, spesso prese senza coordinamento con il Soviet di Pietrogrado, a volte, erano poco più che effetti drammatici. I capi menscevichi, che controllavano la maggioranza del Soviet, in pratica, non si fidavano affatto di Kerenskij. Grande oratore in grado di attrarre numerosi seguaci, era convinto che una volta a capo del governo, liberali e socialisti si sarebbero riconciliati riconoscendo in lui il "leader necessario" per liberare il paese dai suoi problemi. 

A seguito del fallito colpo di Stato del generale Lavr Kornilov in agosto e delle dimissioni dei ministri, si nominò comandante in capo e proclamò la Repubblica Russa (14 settembre 1917). Inizialmente, Kerenskij aveva cercato di accordarsi con Kornilov, al fine di stendere un piano di riforma comune anti-bolscevica che avrebbe incluso la proclamazione di una dittatura militare. Solo quando si rese conto che un piano del genere avrebbe potuto influire sulla sua posizione di potere, decise di schierarsi dalla parte dei rivoluzionari.

Quindi, durante il tentativo di golpe di destra, Kerenskij si schierò, insieme ai bolscevichi, con la classe operaia di Pietrogrado. Più tardi nel mese di ottobre, la maggior parte di questi lavoratori sarebbe confluita proprio tra le file dei bolscevichi. Lenin era determinato a rovesciare il governo Kerenskij prima che avesse la possibilità di legittimarsi dopo le elezioni previste dall'Assemblea Costituente, e i bolscevichi presero il potere in quella che divenne nota come la seconda rivoluzione o Rivoluzione di ottobre.

Nell'emergenza della situazione, Kerenskij annunciò la formazione di un nuovo governo di coalizione social-borghese con alcuni socialisti di spicco. Impotente nel fermare la disgregazione delle forze armate e l'entità delle rivolte sul campo, fu costretto ad osservare i chiari preparativi dei bolscevichi per la presa del potere senza essere in grado di impedirlo. Un ultimo disperato tentativo di neutralizzare Lenin e compagni fallì e durante la rivoluzione d'ottobre Kerenskij dovette forzatamente lasciare la capitale la notte del 6 novembre 1917. 

Quando i bolscevichi presero il potere il 25 ottobre 1917, fuggì a Pskov  e tentò di rovesciare il nuovo governo ad egemonia bolscevica; fallito il tentativo lasciò il suo paese per la Francia (https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_F%C3%ABdorovi%C4%8D_Kerenskij).

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In queste ore si sta votando in Sicilia e ad Ostia, per il rinnovo dell’Assemblea regionale e del Municipio; due elezioni che rappresentano un test preliminare per le imminenti elezioni politiche, in misura diversa per tutti gli attori politici della scena nazionale.

In particolare per il PD, senza voler assumere la prova elettorale quale meccanico e scontato prologo delle future consultazioni, la prova appare significativa, sotto molteplici punti di vista.

È la prima consultazione di una certa rilevanza dopo la scissione e la continua emorragia di iscritti, quadri e personaggi di rilievo, buoni ultimi Grasso e Bassolino, utile per iniziare a capire quanto possono incidere tali abbandoni in termini concretamente elettorali, considerando anche l’appeal del candidato Fava.

Al netto della specifica situazione siciliana, in cui nelle scorse elezioni, che videro vincenti Crocetta, il PD ha raccolto il 13,50 % dei consensi, con un’affluenza significativamente bassa ed il centrodestra diviso, la consultazione assume anche un rilievo psicologico relativamente alla tenuta del consenso (http://www.lastampa.it/2017/11/04/italia/politica/il-pd-e-lincubo-per-cento-pronta-la-gara-a-quattro-per-lalternativa-a-renzi-VyZkw9wfzFQM3Ek3KCakEP/pagina.html).

L’apertura fatta da Renzi in queste ore, dichiarando la sua disponibilità formale ad un passo indietro per una coalizione larga (http://www.corriere.it/politica/elezioni-regionali-sicilia-2017/notizie/renzi-una-coalizione-larga-pronto-passo-indietro-884d39ca-c1fd-11e7-bf97-8f2129f2dc8b.shtml?refresh_ce-cp), appare piuttosto un tentativo di prevenire manovre finalizzate, non tanto ad una improbabile e lacerante sostituzione del segretario, legittimato da un robusto consenso ottenuto nelle primarie, quanto ad un suo ridimensionamento, attraverso sostanziali mutamenti di metodo ed obiettivi politici.

Viene il dubbio che Renzi possa essere trasformato nel Kerenskij del PD, senza peraltro che nell’orizzonte politico italiano si intraveda ad oggi un leader della statura di Vladimir Il'ič Ul'janov detto Lenin (Ленин).

Fra poche ore vedremo iniziare a dipanarsi la nuova scena politica italiana.

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