Il ribollente fervore della
redazione di una nuova legge elettorale, nello spasmodico anelito di tornare a
misurarsi con le urne per riceverne una sperata investitura popolare, non
distoglie da tentativi, neanche tanto velati, di applicare la nota asserzione
di Giuseppe Tommasi di Lampedusa, messa in bocca a Tancredi Falconeri, nipote
del Principe di Salina, Fabrizio Corbera, “se vogliamo che tutto rimanga come
è, bisogna che tutto cambi”, al fine di conservare consolidate rendite di posizione.
La recente ipotizzata divisione
tra Corigliano Calabro e Rossano, assegnati, in una prima stesura del riparto
collegiale della legge elettorale in formazione, a due collegi senatoriali
diversi, è significativa di una costante distrazione (o disegno preordinato ?)
del legislatore nei confronti dei processi politici che si sviluppano nei
territori; due comuni dello Jonio cosentino (i due più grossi per estensione e
popolazione) che sono nel mezzo di un cammino di fusione, primo in Calabria per
l’entità dei centri coinvolti, vengono spensieratamente (volutamente ?)
assegnati a due collegi diversi, con relativa schizofrenica rappresentanza
parlamentare.
Né migliore di tale politica di
basso profilo di idee (ma ferratissima in tema di gestione di potere), appare
la speranza di alcuni di pensare di poter lucrare sulla divisione di quel
territorio, per godere di un fantomatico rafforzamento del proprio; è ben
triste pensare di poter innestare processi virtuosi di sviluppi, non sulle
proprie forze ed idee, ma godendo di presunte debolezze altrui.
D’altro canto, sembra che la
sciagurata ipotesi abbia avuto la breve vita de l’espace d’un matin, come
noterebbe François de Malherbe, essendosi ripartita la provincia di Cosenza,
con successivo emendamento, nei due collegi di Cosenza - Rende - Castrovillari -
Paola, da un lato, e Rossano – Corigliano Calabro - Crotone, dall’altro lato.
Non può, però, non rilevarsi,
anche in questa nuova (ipotetica) partizione, una logica destinata a centrare
il punto focale del collegio nei territori più forti economicamente e
demograficamente, asservendo allo stesso periferie reputate marginali.
Il territorio del Pollino e della
Sibaritide sembra subire, in un
incomprensibile ed assordante silenzio, scelte da altri determinate, senza
accennare ad una minima possibilità di entrare nel processo decisionale, al
contrario di quanto è stato fatto dalle popolazioni dell’area Rossano – Corigliano
Calabro, con una reazione ferma ed immediata a fronte del prospettato scempio
territoriale.
La stessa area di Rossano e
Corigliano Calabro, se pur apparentemente vittoriosa nella ritrovata unità
(almeno a livello di emendamento), assume, peraltro, nella nuova geografia
parlamentare, un ruolo di completamento rispetto alla intera provincia di
Crotone, a cui è annessa, con un collegio composto da differenti unità
provinciali.
Invece di pensare di lucrare su
possibili debolezze altrui (peraltro solo ipotizzate e prontamente rintuzzate
dalla reazione delle popolazioni interessate), l’area Pollino – Sibaritide
dovrebbe interrogarsi funditus sul proprio destino di territorio marginale e frazionato,
a servizio delle truppe di lanzichenecchi che decidano di percorrerle per i
loro esclusivi interessi, ed iniziare una profonda ed aperta riflessione sul
senso di stare insieme, per la costruzione di un futuro comune.
Parimenti, l’area Rossano – Corigliano
Calabro dovrebbe riflettere sulla circostanza che non è solo opportuno restare
insieme, ma è necessario costruire le proprie prospettive in un quadro di
omogeneità amministrativa, evitando di essere meri satelliti di altri.
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