La spontanea e corale
manifestazione di solidarietà nei confronti del Presidente Mattarella,
attraverso i social e le piazze fisiche, va al di là della contingenza della
difesa dagli attacchi beceri e gratuiti ricevuti per avere difeso la
Costituzione;
ritengo che nel fondo nasconda
(e neanche tanto) il bisogno di una ricostruzione identitaria attraverso la
individuazione di figure di riferimento, culturale ancor prima che politico, in
un momento che per molti è di preoccupato e angosciante disorientamento; la
incapacità dei partiti, in particolare della sinistra, di svolgere in modo
organizzato e razionale (e non assecondando pulsioni meramente emozionali di
matrice populista) il ruolo di portavoce del disagio, rende più evidente la
necessità di creare altri punti di riferimento.
Gli attacchi al Presidente
Mattarella hanno fondamento in un preconcetto rifiuto di consolidate prassi
costituzionali e nella fondamentale negazione del rispetto di quanto è stato
fatto dai precedenti governi, caratteri entrambi derivanti da una visione
manichea di contrapposizione tra bene assoluto (tutto rivendicato da una sola
parte politica) e male assoluto (tutto assegnato ai ‘nemici’ politici);
la infantile voluttà riduttiva
del populismo demagogico, che ho in un precedente post definito la
seducente hybris della semplificazione (https://francescoattanasiocv.blogspot.com/2018/03/elezioni-politiche-2018-una-rivoluzione.html), non soltanto porta a
negare la complessità della realtà circostante, preferendo dipingere comode
maschere monocolore da adottare o avversare secondo le convenienze, ma tracima
nella negazione dell’interlocutore, laddove questi non sia meramente ossequioso
nei confronti della visione proposta, ma addirittura ardisca ricordare che vi
sono dati di realtà non eludibili da alcuna narrazione propagandistica.
L’affaire Savona, al netto dei tatticismi dei
singoli protagonisti, disvela in realtà quello che sarà, a mio parere, un dato
fondamentale e caratterizzante del neo governo e della prossima legislatura; la
visione delle forze, che oggi formano il governo, vellica, neanche tanto
nascostamente, l’idea che all’Europa ed all’euro possa darsi, magari in tempi e
modi da definire, un taglio netto, recidendo ogni vincolo internazionale e
dando a tale idea una dimensione messianica e salvifica, quasi elisir di
liberazione da ogni male;
ed è appena il caso di ricordare quanto molti
osservatori sottolineavano alcuni anni fa, nel momento di massima crisi di
alcuni paesi del sud Europa, Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, oltre
l’Irlanda (i cc.dd. paesi piigs, giocando con l’acronimo degli stessi e
l’assonanza con la parola inglese pigs); rispetto agli altri appartenenti al
gruppo, veniva evidenziata la diversità della posizione italiana, sottolineando
le dimensioni economiche che avrebbe avuto una crisi estrema del nostro paese.
Too big to fail, too big to save, si diceva: troppo
grande per fallire, troppo grande per essere salvata; in altri termini, non
sarebbe stato possibile disporre delle risorse necessarie per un eventuale
salvataggio e, nel contempo, il default del Bel paese non sarebbe stato
limitato allo stesso, ma avrebbe avuto conseguenze devastanti su tutto
l’economia europea e mondiale; per dirla in modo classicheggiante, simul
stabunt, simul cadent.
Il Presidente Mattarella ha responsabilmente e
coraggiosamente assunto su di sé il ruolo di tutore di un sistema di trattati
internazionali, sia giuridici che economici (si badi, non subiti dall’Italia,
come una narrazione modaiola vagheggia, ma convintamente ed autorevolmente
promossi da questa, e ricordo solo il Manifesto di Ventotene, scritto dagli
italianissimi Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941), che sono la linfa,
la carne ed il sangue dei moderni europei, arginando una pericolosissima
deriva.
È bastato questo per parlare di colpo di stato e
dare la stura ad un penoso quanto fantomatico desiderio di impeachment,
dissoltosi poi nell’arco di poche ore, con un tragico codazzo di assalti ‘alla
tastiera bianca’, conditi di indicibili odio e ferocia personale.
La fermezza dimostrata dal Presidente Mattarella ha
conseguito un risultato politico di non poco conto: ha tracciato una (non
sottile ma) indelebile ed ineludibile linea rossa. L’Europa e l’euro non sono
revocabili in toto; discutibili, certamente e legittimamente, e nei dovuti modi
e sedi, quanto alle modalità, ma intangibili nella loro radice fondante della odierna
civiltà europea occidentale, proiettata nel terzo millennio. Testimoni ne sono
le dichiarazioni non equivoche del Presidente del Consiglio e dei suoi due
‘bravi’ sponsor politici, rese al fine della costituzione del governo.
La percezione di tale operazione di salvataggio di
‘quel che resta’ della democrazia occidentale è stata immediatamente ed
istintivamente, quasi in modo inconscio ed inconsapevole, fatta propria da
coloro che si identificano nel modello culturale euro-occidentale, con una
unanime, diretta e concorde presa di posizione a favore del Presidente.
Lo scontro tra le due antitetiche visioni di mondo
è disvelato e tratteggerà come un fiume carsico l’intera legislatura e l’azione
di governo.
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