mercoledì 17 dicembre 2014

Tra Proprietà Democratica e Pippo Dissidente


La vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera di lunedì scorso, tutta giocata su una ‘reinterpretazione’ della sigla del Partito Democratico, riesce ad essere una emblematica istantanea dell’attuale situazione del partito.

Sembra infatti che le due linee apparentemente prevalenti siano quella di Renzi, sempre più sull’abbrivio dell’one man’s party, e l’altra nostalgica e celatamente (ma non tanto) frazionistica di Pippo Civati.

Un partito, che è il naturale erede della stagione dell’Ulivo e nasce sul terreno fecondato da quella esperienza, non merita prospettive così anguste, specie quando diviene il riferimento del 40% degli elettori.

È ineludibile coltivare altre strade e  visioni; 

profetiche suonano oggi le parole pronunciate da Aldo Moro nel suo intervento al Consiglio Nazionale DC, il 18 gennaio 1969:
“Parliamo, giustamente preoccupati, di distacco tra società civile e società politica e riscontriamo una certa crisi dei partiti, una loro minore autorità, una meno spiccata attitudine a risolvere, su basi di comprensione, di consenso e di fiducia, i problemi della vita nazionale (…) Noi vogliamo corrispondere sì, capendo e facendo, all’inquieta richiesta della nostra società, ma ostruiamo poi contraddittoriamente i canali che potrebbero portarne nel partito, proprio nel partito, quella carica di vitalità e di attesa che è pure nel nostro paese. Sicché essa finisce per riversarsi altrove, mettendo in crisi la funzione dei partiti, i quali sovente fronteggiano dall’esterno, senza un’esperienza interiore vissuta del dramma sociale del nostro tempo, le situazioni che si presentano e spesso si esauriscono senza autorevole mediazione, nella società civile”.


Occorre solo il coraggio di percorrerle e perseguirle fino in fondo.

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